Avere uno pseudonimo è come essere un supereroe.
Pochi fidatissimi amici sanno qual è la tua vera identità, per il resto può muoverti nell’assoluto anonimato finché non indossi una maschera.
E la maschera non ti nasconde ma mostra davvero chi sei.
Tranne Superman con gli assurdi occhiali di Clark Kent che dovevano cambiare il suo aspetto per gli altri la maschera è l’occasione per rivelare la vera identità.
Il gaudente Bruce Wayne è tutto tranne che poco profondo e attento, Batman gli consente di sviluppare al massimo tutte le sue capacità.
Per non parlare dell’altro cavaliere oscuro, Zorro, in cui De la Vega è l’apoteosi della vacuità mentre Zorro è tagliente come la punta della sua spada.
Sono pochi i supereroi così fighi da essere se stessi con o senza maschera e da non temere di far sapere al mondo intero chi sono. Ironman-Stark è fantastico con o senza maschera, ha una personalità arrogante e granitica, proprio come la Cosa dei Fantastici 4 e Capitan America.
Così sono pochi gli autori a cui non importa che si sappia lo pseudonimo, alla Armentrout non interessa che si sappia che è J. Lynn va benissimo, anche la Rowling alla fin fine non è importato molto farsi conoscere come Robert Galbraight.
Ma sono pochi. La maggior parte ha scelto un cambio perché consente libertà d’azione. La stessa Rowling lo ha ammesso candidamente.
I supereroi usano l’anonimato per proteggersi, come Spiderman, o per proteggere le persone care, come Superman. O per fare quello che non potrebbero mai fare senza l’aiuto della maschera, come Batman.
Le potenzialità della maschera sono infinite.
Scrivere ciò che si desidera di più e che il mondo non vuole da te.
Come la Rowling e prima di lei Louise May Alcott, famosa per le piccole donne ma in realtà lucida scrittrice di thriller.
Avere uno pseudonimo è come essere supereroi, anzi eroine, visto che chi più lo usa è una donna. Donne invisibili che con il loro potere riescono ad arrivare ovunque senza tutti gli ostacoli che incontrerebbero se non usassero quel potere.
Però che fatica!
Vivere due vite richiede il doppio di tutto e soprattutto una grande memoria.
E il desiderio sotterraneo di dire al mondo: quello sono io! Ho salvato io il mondo con la mia intelligenza e spirito di sacrificio.
Lo scrittore non dirà così ma vorrebbe avere il suo nome sulla copertina, essere riconosciuto e poter dire: l’ho scritto io e quella risata o lacrima sul tuo viso è nata dalla mia fantasia.
Ma si resiste, perché la libertà vale più di qualsiasi acclamazione pubblica.
Poi diciamo è anche divertente leggere la differenza di trattamento della stessa persona a seconda del nome che indossa. Carlos Ruiz Zafon ne Il gioco dell’angelo lo ha descritto sadicamente mettendo alla berlina quei lettori che osannano il nome famoso e nello stesso tempo stigmatizzano con giudizi sprezzati e inviti a darsi all’ippica lo stesso autore ma con il suo vero nome.
Poi c’è anche la questione della delusione. Avete presente la scena di Star War 7 quando il cattivo Kylo Ren si toglie la maschera e tutti avremmo voluto se la rimettesse?
Ecco il supereroe teme anche questo, che la propria identità non sia all’altezza di quella fittizia e che il supereroe sia preferito a prescindere.
L’unico esempio che mi viene in mente tra gli scrittori è Lara Manni perché tutti avremmo voluto esistesse davvero. Ma non posso scriverlo, o partirà una crociata contro di me, perciò (movimento di mani alla Skipper-Capo dei pinguini di Madagascar) voi non avete visto niente!
Come per gli Avengers anche gli scrittori con pseudonimo si aggregano, si uniscono, litigano ma mantengono il segreto sulle loro rispettive identità.
Se uno scrittore con pseudonimo rivela il nome vero di un altro scrittore non è un vero supereroe.
E chi decide di togliersi la maschera merita sempre e comunque un applauso!